L'Associazione Mantovana Cercatori Tartufi, viene costituita nel 1992 da un gruppo di "Trifulin" (cercatori di tartufo locali), con l'obbietivo di tutelare e preservare il patrimonio tartufigeno dell'oltrepo' mantovano.
In quest'ottica, seguendo le indicazioni fornite da esperti di tartuficoltura, si sono individuate le aree maggiormente vocate. Queste aree sono collocate per la maggior parte su sommità arginali gestite dal Consorzio di bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po ed in collaborazione quindi con quest'ultimo ente, si è cominciato a piantumare le aree prive di alberi ed a manutentare quelle già alberate.
Negli ultimi anni, al fine di migliorare e massimizzare lo sviluppo delle tartufaie controllate gestite dalla nostra Asssociazione, si sta intervenendo con continue manutenzioni ordinarie e straordinarie; l'esperienza maturata negli anni ha inoltre modificato alcune pratiche colturali, anche in vista dei continui cambiamenti climatici.
Nelle tartufaie controllate gestite dai "Trifulin Mantuan" vegetano diverse essenze arboree la maggior parte delle quali costitute da pioppi neri (populus nigra), pianta poco vetusta che proprio per questa caratteristica, invecchiando, diminuisce la capacità di produrre tartufi. Per tale motivo quando le pioppete raggiungono l'età di 30/35 anni vengono abbattute e su quelle stesse aree, si interviene da li a poco, mettendo a dimora astoni di pioppo della tipologia clone I214; questa metodologia però si è visto è penalizzante negli anni caratterizzati da scarse precipitazioni poichè non si riesce a garantire, anche con irrigazioni di soccorso, il giusto apporto idrico che quindi porta alla morte della pianta messa a dimora.
Per questo motivo si stanno quindi utilizzando nuove tecniche di ripiantumazione che si possono così riassumere:
Vengono altresì effettuate, all'interno delle tartufaie, delle leggere lavorazioni superficiali del terreno che permettono così di arieggiarlo e di far permeare, con piu' efficacia, l'acqua delle precipitazioni piovose che negli ultimi anni risultano essere sempre meno frequenti. Inizialmente le lavorazioni superficiali sono state effettuate utilizzando un erpice rotante; attrezzo che si è dimotrato non sempre idoneo per la presenza di radici superficiali troppo voluminose. Per tale motivo attualente è stato acquistato un frangizolle a dischi che permette cosi di ovviare a questo tipo di problema.
All'interno delle tartufaie controllate vengono altresì effettuati tagli di infestanti nonchè leggere potature delle specie simbionti: opere indispensabili sia per alleggerire il carico degli infestanti all'interno delle tartufaie sia per indirizzare meglio le piante simbionti ma anche per agevolare il passaggio del trattore agricolo (di proprietà dell'Associazione) utilizzato per effettuare le lavorazioni.
Le potature sono comunque sempre gestite tenendo in considerazione il rapporto luce ed ombra all'interno della tartufaia.
La pulizia e lo sfalcio dell'erba presente sulle sponde arginali ove sono collocate le tartufaie, viene effettuata all'inizo della stagione di raccolta per facilitare l'ingresso dei cani.
Durante il periodo estivo si è deciso di non eseguire sfalci in quanto le temperature sempre piu' alte, creano forte riscaldamento del suolo: la copertura erbacea nel suo equilibrio di evapotraspirazione, riesce comunque a tenere piu' bassa la temperatura ed una discreta umidità del suolo diminuendo così le condizioni di stress per le micorizze.
E doveroso puntualizzare che le considerazioni sulla gestione delle tartufaie sono condivise con esperti tartuficoltori tra i quali svolge una importante consulenza agronomica, peraltro gratuita, l'agronomo Filippo Dr. MENGHINI.
Pur essendo le nostre tartufaie contraddistinte da una produzione incentrata sul Tartufo Bianco pregiato (Magnatum Pico), è importante sapere che esistono diverse tipologie di tartufi ognuna delle quali nasce in periodi e posizioni diverse. A volte può succedere che nella stessa zona possano comparire differenti tipologie di tartufi.
In questa sezione andremo ad illustrare le varie tipologie e caratteristiche dei tartufi commestibili presenti in Itali.
Bibliografia e fonti:
Regione Lombardia, andareatartufi.com, fortunatiantonio.it, andareatartufi.com, tartufo.com, tartufaie.it, passionetartufo.com
Il 15 settembre scorso ha aperto in Lombardia la stagione del Re della Tavola, il più pregiato dei Tartufi, il TARTUFO BIANCO PREGIATO – MAGNATUM PICO.
In Regione Lombardia, il calendario di raccolta 2022/2023 prevede:
Il Tartufo Bianco Pregiato – Magnatum Pico, si sviluppa spontaneamente in terreni sedimentari, di tipo marnoso e calcareo, limosi, con una percentuale bilanciata di sabbia e argilla, areati, con una buona presenza di umidità anche nelle stagioni più secche, ricchi di potassio, poveri di humus organico e di altri elementi come fosforo e azoto, in leggera pendenza, possibilmente nelle vicinanze di corsi d’acqua, non oltre i 700 metri sul livello del mare.
Vive in simbiosi soprattutto con farnia, rovere, roverella, cerro, tiglio, pioppi, salici (carpino e nocciolo più raramente).
Il tartufo bianco pregiato è un fungo davvero molto esigente e le condizioni climatiche influiscono molto sulla quantità di tartufi che nascono: un clima troppo caldo e scarse piogge ostacolano la crescita dei tartufi, di conseguenza il loro prezzo aumenta in modo considerevole.
È presente soprattutto nelle zone di Alba (Cuneo), Acqualagna (Pesaro) e San Miniato (Pisa), famose per le tradizionali fiere del tartufo bianco ma anche in altre zone d’Italia.
Nella provincia di Mantova i centri più importanti sono: Borgofranco sul Po, Carbonara di Po e Bonizzo. La zona tipica del Tartufo Bianco Pregiato si estende dalla dorsale appenninica che va da Sermide a Quingentole sino ai terreni alluvionali del Fiume Po e Mincio.
L’Associazione Mantovana Cercatori di Tartufo “Trifulin Mantuan” gestisce, nel territorio dell'Oltrepò Mantovano, tra i comuni di Sermide, Felonica, Borgocarbonara, Borgo Mantovano, Quingentole, Quistello e Pegognaga, circa 30 ettari di tartufaie controllate.
Si precisa che le Tartufaie controllate sono state concesse in conduzione all’Associazione che ha l’obiettivo di preservarle, migliorarle e incrementarle con la messa a dimora di un congruo numero di piante tartufigene. I cartelli, previsti dalla Legge, con la dicitura “Raccolta di tartufi riservata”, chiariscono che il diritto e la proprietà dei frutti di quella terra, sono di proprietà dell’Associazione stessa.
Il Magnatum Pico fruttifica da Settembre a Gennaio.
A parte le regole generali che valgono per tutti i funghi ipogei, dettate dalla Legge Quadro e dalle Leggi Regionali, quello che principalmente differenzia la raccolta del tartufo bianco pregiato rispetto agli altri tartufi è:
Profondità: rispetto ad altre tipologie del tartufo che si trovano in superficie o comunque sotto pochi centimetri di terra, il tartufo bianco pregiato può trovarsi fino ad 1 metro di profondità.
Delicatezza nello scavo: è un tartufo molto più delicato rispetto agli altri, quindi, va prestata ancora più attenzione nello scavo, sia rispetto a quello che fa il cane sia a come il tartufaio maneggia il vanghetto. Per fare buche così profonde è indispensabile uno strumento, l’ideale è un vanghetto con una lama piuttosto larga e robusta inserita su un manico che consenta di esercitare un'intensa azione di leva sul terreno senza spezzarsi. La larghezza della lama è disciplinata dalle Leggi Regionali (in Lombardia massimo 4,5 cm).
Lo ribadiamo fino a stancarvi: è fondamentale non allargare mai la buca oltre lo stretto necessario perché si potrebbero tranciare alcune radici micorrizate e di conseguenza compromettere la produttività della tartufaia. È fatto infine obbligo di riempire con il terriccio asportato le buche create dall’estrazione del tartufo.
Riporto: per questo tartufo non deve essere utilizzato il riporto perché il cane non sarebbe in grado di estrarlo senza romperlo.
Ci piace ricordare che La Cerca e la Cava del Tartufo nel dicembre 2021 è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità.
Il tartufo bianco, rispetto al tartufo nero, è facilmente deperibile ed ha una superficie più delicata, quindi come per la cava, anche nella pulizia e nella conservazione deve essere prestata maggiore delicatezza.
Il tartufo bianco andrebbe degustato il prima possibile ma con alcuni accorgimenti, è possibile conservarlo per qualche giorno, a volte anche per una settimana, ma noi consigliamo di non andare oltre i 4 giorni.
Una volta asciugato minuziosamente con un panno pulito, il tartufo dev’essere inserito in un contenitore sottovuoto, avvolto in un foglio di carta assorbente e poi riposto in frigorifero. Il tartufo va controllato ogni giorno e la carta assorbente sostituita tutti i giorni.
Il tartufo bianco viene pulito preventivamente in maniera grossolana dai tartufai per prepararlo alla vendita; quindi, dovrebbe essere già privo della maggior parte delle incrostazioni.
Il tartufo dev’essere pulito approfonditamente solamente prima di essere affettato, per non disperdere parte degli aromi. Per pulire correttamente il tartufo bianco bisogna innanzitutto rimuovere i residui di terra con uno spazzolino dalle setole morbide; se il tartufo presenta ancora tracce di terra, perché la superfice non è perfettamente liscia, è necessario spazzolarlo nuovamente sotto un filo d’acqua corrente. Successivamente pulirlo delicatamente con un panno umido ed estirpare eventuali marcescenze/rimuovere i residui più duri con un piccolo coltello da cucina.
A questo punto il nostro Tartufo è pronto per essere gustato…
Il tartufo bianco, a differenza del tartufo nero, può essere utilizzato solo a crudo, tagliato a fette sottili direttamente sopra le pietanze ancora calde. Questo perché una temperatura eccessiva rischia di rovinarlo; il calore delle pietanze appena posate sul piatto è sufficiente a far sprigionare al tartufo i suoi preziosissimi aromi.
Le fette di tartufo bianco devono essere molto sottili, ecco perché si utilizza un apposito strumento chiamato affetta tartufi. In mancanza d’altro si può utilizzare un pelapatate.
Ricordiamo che il tartufo va pulito approfonditamente solamente prima di essere affettato, per non disperdere parte degli aromi.
Il tartufo dev’essere a temperatura ambiente, per poter dare il meglio di sé.
Attenzione agli abbinamenti troppo particolari! Il tartufo bianco non ama essere contraddetto da altri sapori troppo forti, meglio andare sul sicuro preparando dei piatti semplici, abbinandovi dei sapori delicati come burro, fontina e uova.
Quando prepari una cena a base di tartufo bianco, cerca di consumarlo interamente, perché qualsiasi forma di conservazione rischia di rovinare parte del suo sapore caratteristico.
Tagliolini tutto tuorlo con farina macinata a pietra al Tartufo Bianco Pregiato
*Ricetta dello Chef Fincatti (ndr che oltre ad essere chef è un socio e tartufaio della nostra associazione)
Ingredienti x 5 persone:
500 gr di farina possibilmente di qualità macinata a Pietra (la pasta risulta più ruvida e più aromatica)
10 tuorli d’uovo a pasta gialla (meglio a km. 0)
Un filo di olio extravergine di oliva
Burro di Malga QB
Parmigiano Reggiano o Grana Padano QB
Sale QB
Preparazione:
Impastare un paio d’ore prima la farina con ì tuorli d’uovo e un filo di olio extravergine d’oliva.
Lavorare incorporando il tutto, meglio se impastato a mano come una volta (ma può essere fatto anche con una piccola impastatrice).
Se l’impasto risultasse troppo duro aggiungere una lacrima di acqua tiepida.
Lasciar riposare l’impasto coperto con una pellicola per non farlo essicare.
Tirare la sfoglia, chi ha possibilità col mattarello altrimenti con un tirapasta.
Consiglio per il tagliolino di tirare la sfoglia non sottilissima, in modo da avere un piccolo spessore che crea più croccantezza.
Lasciar essicare la sfoglia girandola di tanto in tanto per arearla.
Dopo formare dei quadrati di circa 16/18 cm e trafilarli a tagliolino molto sottile.
Chi ha possibilità anche tagliati al coltello.
Mettere a bollore acqua salata QB.
Nel frattempo, sfrigolare in un soutè (padella larga e piatta) il burro di Malga, un pizzico di sale e grattugiare le parti meno nobili del Tartufo Bianco Pregiato (piccoli pezzetti rotti o angolini più maturi) e insaporire a fuoco dolce.
Buttare i tagliolini HOME MADE in cottura e aggiungere a metà cottura un po’ di acqua di cottura nella base del burro per creare un’emulsione tra burro, tartufo, e acqua di cottura che contiene amido che aiuta a creare una bella cremina.
Scolare al dente i tagliolini; mescolare in senso orario e terminare la cottura in padella …al momento giusto aggiungere una bella grattata di Parmigiano Reggiano o Grana Padano e mantecare per bene. Devono risultare molto cremosi.
Servire i tagliolini in piatti caldi o preriscaldati leggermente in forno.
A questo punto affettare il magico Tuber Magnatum Pico e buon appetito.
P.S. 1) la ricetta può essere modificata per essere meno costosa con le uova intere (quindi 5 uova intere. Usando solo i tuorli la pasta risulta molto più croccante e tiene più la cottura.
P.S. 2) per chi non avesse la possibilità di trovare una farina di mulino macinata a pietra, va bene anche una farina 00.
Risotto con tartufo bianco pregiato
*Ricetta delle cuoche del Ristorante PADUS di Borgo Carbonara (MN)
Preparare un brodo vegetale, toglierne un po’ in un pentolino a parte e misurare due porzioni di riso; coprire e mescolare di tanto in tanto per circa 10”. Preparare a parte il condimento da aggiungere con un etto di burro sciolto con abbondanti scaglie di tartufo bianco. Dopodiché condire il risotto, aggiungere un po’ brodo vegetale e il parmigiano reggiano grattugiato; mantecare il riso fino a renderlo cremoso (se serve si può aggiungere altro burro), aggiustare di sale e far riposare 1 minuto.
Servire con abbondante tartufo bianco pregiato a scaglie.
Antonella e Roberta
Il TARTUFO BIANCHETTO O MARZUOLO – TUBER ALBIDUM BORCHII, è il “fratello minore” del tartufo bianco pregiato, è un tartufo dal profumo decisamente agliaceo e penetrante.
In Regione Lombardia, il calendario 2022/2023 ne prevede la raccolta dal 15 gennaio al 30 aprile in tutto il territorio.
Le piante con cui il Tuber albidum entra in simbiosi sono i pini delle zone costiere, pino domestico, pino marittimo, pino d’Aleppo; quelli delle zone collinari pino nero e pino laricio e quelli esotici come il pino eccelso ed il pino strobo; simbionti sono anche le querce sia dei boschi mesofili, rovere, cerro e roverella.
Per quanto riguarda alcune specie erbacee come la lupinella e l’elicriso citate da alcuni autori come possibili simbionti, va detto che queste sono solo piante associate a certi ambienti fortemente argillosi ove vegeta molto bene il Tuber albidum. Infatti, i tartufi più belli e più grossi si ritrovano fra l’apparato radicale dei ciuffi di lupinella ma sempre in vicinanza di altre piante simbionti. Al contrario esemplari molto più piccoli, talvolta delle dimensioni di un pisello, si rinvengono nelle tartufaie di zone umide e fitte del bosco o di zone ricoperte da ricca vegetazione di brachipodi come nei terreni sodi e negli ex coltivi.
Il Tuber albidum è una specie ubiquitaria che presenta un vasto areale europeo (secondo alcuni autori si dovrebbe parlare di “gruppo di specie” più che di specie singola). In Italia è presente dalle valli alpine alle isole, in particolare nelle pinete litoranee, nei boschi misti delle zone collinari, nelle aree di vegetazione relitta della pianura, nonché sotto le conifere di parchi e giardini. È abbastanza comune ovunque vegeti il Tuber magnatum, ma rispetto quest’ultimo si è adattata a condizioni climatiche differenziate e va ad occupare ambienti più “difficili”. È infatti comune nelle pinete litoranee, caratterizzate da terreno tipicamente sciolto, sabbioso e salmastro e con clima tipico delle zone costiere (con escursioni termiche ridotte, ventilazione ed umidità relativamente elevate e scarse precipitazioni nel periodo estivo), ma vegeta anche nei terreni calcareo-argillosi con clima continentale (forti escursioni termiche ed abbondanti piogge primaverili).
Come tutti i tartufi anche per il Bianchetto, per prima cosa è necessario rimuovere la terra che si trova sulla superficie del tartufo. Questo è fatto delicatamente con uno spazzolino da denti o con una spazzola morbida. Successivamente, bisogna sciacquare il tartufo sotto acqua corrente, facendo attenzione a non strofinare troppo la superficie per evitare di deteriorare la consistenza del tartufo.
Una volta che il tartufo è stato pulito, è necessario asciugarlo con cura e delicatamente. Un metodo molto efficace consiste nell’utilizzare della carta da cucina assorbente e nell’asciugare la superficie del tartufo con movimenti dolci. Una volta che il tartufo è asciutto, è necessario conservarlo in un contenitore di vetro sigillato, che dovrà essere conservato al fresco e al buio.
È importante ricordare che il tartufo bianchetto ha una vita molto breve e che non deve essere conservato a temperature troppo elevate o troppo basse. La temperatura ideale per la conservazione del tartufo bianchetto è tra i 5°C e i 10°C. Il tartufo può anche essere conservato congelato, ma in questo caso è necessario farlo con cura, evitando di congelare eccessivamente il tartufo, per evitare che si deteriori.
Inoltre, è importante ricordare che il tartufo bianchetto è estremamente sensibile all’umidità. Per questo motivo, è necessario assicurarsi che il contenitore in cui viene conservato sia ermeticamente sigillato. Ciò impedirà all’umidità di penetrare nel contenitore e di rovinare il tartufo.
Il tartufo bianchetto o marzuolo viene usato molto spesso in cucina per insaporire sia primi piatti che secondi, oltre che per creare stuzzicanti antipasti. Ne sono un esempio i crostini al tartufo marzuolo, in cui pane e burro si sposano alla perfezione con il gusto del tartufo, per creare uno sfizioso appetivo.
Con il suo sapore intensamente agliaceo e penetrante, più forte di quello del bianco pregiato, il tartufo marzuolo è perfetto per molte ricette: per primi piatti come il risotto o le tagliatelle al tartufo marzuolo, da aggiungere in scaglie sulle uova al tegamino o su preparazioni a base di carne. Come il cugino pregiato, anche il tartufo marzuolo non ama la cottura e dà il meglio di sé nelle ricette se aggiunto come tocco finale, in scaglie.
Tartare di Manzetta battuta al coltello con scaglie di Parmigiano Reggiano, Tartufo Bianchetto e maionese dello stesso tartufo
Una semplice ricetta da fare facilmente a casa ma molto appetitosa!
Ingredienti x 4 persone:
400 gr di polpa di manzo magra: fatevi consigliare dal vostro macellaio di fiducia. Potete anche chiederla già battuta.
100 gr di Scaglie di Parmigiano Reggiano
Olio extravergine qb
Sale qb
Pepe
Maionese
Tartufo Bianchetto
Preparazione:
Mescolare la carne di Manzetta con sale, pepe, olio extravergine d’oliva.
Comporre con un apposito stampino le 4 tartare.
Aggiungiamo delicatamente le foglie di Parmigiano Reggiano , e scaglie abbondanti di Tartufo Bianchetto.
E accompagniamo la Tartare con una maionese classica mescolata con i ritagli del Tartufo grattugiati.
Guarnire a piacere con fiori eduli ed erba cipollina.
Questa ricetta è semplicemente perfetta per esaltare il sapore del Tartufo Bianchetto.
Per chi fosse intollerante al lattosio … utilizzare un Parmigiano Reggiano oltre 36 mesi.
In Lombardia nel mese di settembre apre la stagione di due tipologie di tartufo, il TARTUFO NERO LISCIO e il TARTUFO NERO ORDINARIO
Queste tipologie di tartufo possono essere raccolte:
-Tuber Macrosporum (detto Nero Liscio) dal 1° settembre al 31 dicembre in tutto il territorio regionale, ad eccezione della provincia di Pavia dove la raccolta va dal 15 settembre al 31 dicembre;
-Tuber Mesentericum (detto Nero Ordinario) dal 1° settembre al 31 gennaio in tutto il territorio regionale, ad eccezione della provincia di Pavia, dove la raccolta va dal 15 settembre al 31 gennaio.
Abbiamo deciso di focalizzarci sul Tartufo Nero Liscio, in quanto più presente, commercializzato ed utilizzato nel nostro territorio, rispetto al Tartufo Nero Ordinario.
Il Tartufo nero liscio (Tuber Macrosporum Vittadini) è una varietà poco commercializzata di tartufo, ma molto apprezzata dagli intenditori per le sue caratteristiche organolettiche non troppo dissimili da quelle del pregiato Tuber Magnatum. Difatti, il Tartufo nero liscio possiede esigenze climatiche molto simili a quelle del tartufo bianco pregiato, con cui condivide spesso i terreni di maturazione, pur avendo una maggiore resistenza alla siccità. È proprio per questo che la sua notorietà è ancora limitata: nelle zone di crescita l’attenzione è sempre puntata sul tartufo bianco, e il nero liscio rimane spesso nella penombra.
Matura in terreni calcarei o argillosi e si sviluppa in più esemplari nella stessa buca. Le sue particolari esigenze climatiche, unite al fatto che si trovi soprattutto in pianura, lo rendono piuttosto raro nella crescita selvatica.
È possibile trovarlo in quantità rilevanti in provincia di Brescia e di Ferrara o, fuori dall’Italia, in Ungheria. In quantità più rade e meno frequenti si trova in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Umbria, Toscana, Lazio; fuori dal nostro paese, in Francia, Germania, Svizzera e in alcuni paesi dell’Europa dell’Est.
Il tartufo nero liscio sviluppa simbiosi con diversi tipi di piante, querce come Roverella, Cerro, Farnia, Pioppo, Salice, Tiglio, Nocciolo e Carpino.
Il tartufo nero liscio fruttifica da Settembre a Dicembre: all’interno di una medesima buca si possono trovare diversi esemplari di dimensioni variabili, anche se solitamente piuttosto piccoli.
Il 1° dicembre apre in Lombardia la stagione del TARTUFO NERO PREGIATO – MELANOSPORUM VITTADINI, tartufo eccellente detto anche tartufo nero dolce per le sue dolci note aromatiche. In Regione Lombardia, il calendario 2022/2023 ne prevede la raccolta dal 1° dicembre al 15 marzo in tutto il territorio.
È interessante ricordare che la storia di questo Tartufo è più internazionale rispetto a quella del tartufo bianco: nel Rinascimento veniva colto sia in Italia che in Francia ma è nel paese gallico che, perlomeno in passato, incontrò maggior successo, diffondendosi sulle tavole della nobiltà francese dell’epoca.
Il tartufo nero pregiato si nasconde in terreni permeabili di tipo calcareo, poveri di humus organico, con presenza di boschetti radi di piante e assenza di sottobosco. Per la maturazione del Melanosporum è infatti necessaria una buona esposizione del terreno alla luce solare.
Il tartufo nero pregiato trova riparo sotto piante di quercia come il cerro, la roverella e il leccio; ma anche sotto nocciolo, tiglio, cisto e carpino nero.
Il più celebre è il tartufo nero di Norcia, che rappresenta un unico al mondo per le sue caratteristiche, e quello di Spoleto (sempre Umbria) ma si trovano ottimi esemplari anche in altre regioni Italiane.
Nel nostro territorio il tartufo nero pregiato si trova sulle colline moreniche dall’alto mantovano sino ai comuni di Solferino e Volta Mantovana.
Anche se non è costoso e delicato quanto il tartufo bianco pregiato, anche il tartufo nero pregiato è un Tuber raro e prezioso che ha bisogno di una cura particolare. La difficoltà di pulizia del tartufo nero pregiato sta nel capire quanto in profondità pulirlo senza rischiare di rovinarlo: il peridio scuro e verrucoso può confondere anche un occhio esperto ed è necessario fare molta attenzione durante la pulizia.
Per una pulizia approfondita sono sufficienti uno spazzolino dalle setole morbide o di media durezza, un panno umido e dell’acqua fresca. Per rimuovere la maggior parte dei residui di terra bisogna spazzolarlo dettagliatamente sotto un filo d’acqua, strofinarlo con attenzione con un panno umido e poi asciugarlo con della carta assorbente; se tagliato quando è ancora bagnato, l’acqua potrebbe intaccare la gleba (la parte interna) e fargli perdere parte dei suoi aromi caratteristici.
Alcuni puristi del tartufo sostengono che bisognerebbe evitare di lavarlo sotto l’acqua in ogni caso, spazzolarlo a secco e passare un panno umido solo nel caso in cui fossero presenti delle incrostazioni più persistenti. Questo perché l’acqua andrebbe a rimuovere parte delle sostanze volatili che contribuiscono al caratteristico bouquet del tartufo.
Ricordiamo che il Tartufo andrebbe pulito solo prima di mangiarlo e consumato nella sua interezza, perché ogni forma di conservazione fa perdere al tartufo buona parte della sua qualità. Nel caso in cui ci fosse del tartufo avanzato, però, è possibile conservarlo in frigorifero con alcuni accorgimenti per 3/4 giorni circa: bisogna inserire il tartufo avanzato ben asciutto in un barattolo di vetro sterile insieme ad alcuni fogli di carta assorbente, controllarlo ogni giorno e cambiare la carta nel caso in cui risultasse troppo umida.
Il tartufo nero pregiato è secondo solo al tartufo bianco d’Alba in quanto a prelibatezza, grazie al suo caratteristico sapore intenso è in grado di impreziosire qualsiasi piatto ed è utilizzato anche dagli chef dei ristoranti di tutto il mondo. Il suo segreto sta nella temperatura: infatti il tartufo nero pregiato per sprigionare tutti i suoi aromi ha bisogno di una temperatura maggiore rispetto al tartufo bianco e può essere utilizzato anche in cottura, sempre facendo attenzione a non bruciarlo.
Ecco perché rispetto al tartufo bianco, oltre a essere affettato direttamente sul piatto a fine preparazione, viene inserito grattugiato anche durante la cottura del sugo, della salsa o, eventualmente, a fine cottura nella preparazione di un risotto. Come tutti i tartufi più pregiati e saporiti, anche il tartufo nero pregiato è il re indiscusso della tavola e non ama essere contrastato da altri sapori forti, anche se è decisamente più versatile di un delicato bianco d’Alba.
Le ricette più classiche del tartufo nero pregiato sono, per esempio, la pasta alla norcina (con salsiccia e pecorino), il risotto al tartufo nero, le fettuccine e il filetto al tartufo nero. Per quanto riguarda l’abbinamento col vino dipende molto da quali altri ingredienti saranno presenti nella ricetta; gli abbinamenti più comuni tra vino e tartufo nero pregiato sono con vini rossi ben strutturati che, possibilmente, abbiano fatto qualche anno di affinamento in botte.
Tortelli ripieni di ricotta e porcini essiccati al tartufo nero pregiato.
Ingredienti x 4 persone
Preparazione:
1 Step: mettere in ammollo per qualche ora i porcini in acqua fredda.
2 Step: preparare e impastare la pasta fresca con la farina e le uova (se possibile a pasta gialla) fino a giusta consistenza. Avvolgerla nella pellicola e farla riposare per un’ora.
Per il Ripieno:
Scolare delicatamente i funghi porcini ammollati, strizzarli e tagliuzzarli grossolanamente non troppo fini.
PS Tenere l'acqua dei porcini …lasciando depositare quelle piccole impurità di sabbia (quest’acqua al profumo di porcino servirà per aromatizzare la salsa e la rimanente nell’acqua di cottura dei tortelli per dare ulteriore aromaticità agli stessi).
Insaporire dolcemente i porcini tagliuzzati con un filo d’olio di oliva extravergine sale e pepe QB.
Mescolare i porcini insaporiti con la ricotta Vaccina, il Grana Padano QB secondo il vostro piacere.
Salare e pepare QB.
Aggiungere un filo di olio extravergine di buona qualità e riposare il composto in frigorifero x 2 ore.
3 Step: Tirare la sfoglia e formare dei quadrati di pasta e farcirli col ripieno.
4 Step: Crogiolare in una padella antiaderente il Burro ed emulsionare con un po’ di acqua dei porcini e un pizzico di sale.
5 Step: Portare ad ebollizione l’acqua precedente salata QB. Con la restate acqua dei porcini cuocere i Tortelli al punto giusto.
A questo punto saltarli in padella rendendoli cremosi con Grana Padano o Parmigiano Reggiano.
Servire in piatti caldi, grattugiare il Tartufo Nero Pregiato e BUON APPETITO!
Il TARTUFO NERO VERNINO – TUBER BRUMALE, un tartufo che si adatta ad una infinità di ambienti e che ben tollera le basse temperature.
In Regione Lombardia, il calendario 2022/2023 ne prevede la raccolta dal 1° gennaio al 15 marzo in tutto il territorio.
La sua variante MOSCATUM che ha un odore forte, penetrante, che ricorda il muschio (da cui il nome), può essere raccolta dal 15 novembre al 15 marzo.
Le esigenze ecologiche del Tuber brumale tipico e della sua varietà “moschatum”, che differisce principalmente per l’odore più intenso e pungente, non sono state oggetto di ricerche specifiche ma sono sicuramente ampie come dimostra il suo vasto areale.
il Tuber brumale è un tartufo che si adatta ad una infinità di ambienti; Io si ritrova indistintamente in montagna, in collina ed in pianura. Non ha particolari esigenze in fatto di clima, ma vuole terreni mediamente profondi, tanto da avere l’appellativo di “nero di campo” e con un certo contenuto di argilla. Inoltre, questo tartufo tollera bene anche suoli con una certa umidità.
Anche la vegetazione simbionte a cui si associa sembra rivelare queste esigenze: infatti pur potendolo trovare associato con la roverella o il carpino nero, sulle pendici montano-collinari, le sue principali specie simbionti sono i tigli, la farnia, ed il nocciolo, tutte piante di terreni abbastanza profondi e mediamente freschi.
Lo sviluppo di Tuber brumale sembra favorito quando il pH del terreno si avvicina alla neutralità o addirittura scende a valori sotto pH 7. Meno esigente di luce del T. melanosporum ma più esigente dei T. magnatum, si localizza in prevalenza sulle bordure dei boschi e nei giardini.
È una specie dell’Europa settentrionale che, essendo capace di tollerare maggiormente le basse temperature, si porta più a nord del Tuber melanosporum. E anche vero perché lo si ritrova nell’Europa meridionale: in Spagna, nel sud della Francia ed in Italia accanto al Tuber melanosporum. In Italia è presente in Piemonte, Liguria, Toscana, Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo. Mouse, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia.
Per il consumo del tartufo nero invernale è necessaria la cottura per poterne apprezzare a pieno le qualità, se ne consiglia l’utilizzo come aggiunta aromatica e non come base unica nella preparazione di una pietanza a base di tartufo.
Spaghettoni al brumale
Premesso che, per quanto riguarda il tartufo nero brumale valgono le stesse regole di conservazione, pulizia e cottura degli altri tartufi neri, vi proponiamo la ricetta casalinga di Mara, una semplice ma saporita pasta con salsa al Tartufo Brumale!
Facciamo sciogliere a fuoco lento 40 grammi di burro, poi aggiungiamo 80 grammi di tartufo brumale grattugiato e pepe nero a piacere; se gradita può essere aggiunta un’alice che va sciolta inizialmente con il burro prima di aggiungere il tartufo.
Nel frattempo, cuociamo gli spaghettoni, dopo pochi minuti prendiamo un po' di acqua di cottura (circa mezzo mestolo da versare un po’ alla volta durante la cottura), la mettiamo nella salsa e la facciamo passare per alcuni minuti.
Successivamente spegnere il fuoco, scolare la pasta, aggiungere la salsa al Brumale e mantecare con buon formaggio parmigiano reggiano o pecorino.
E infine mangiamo con gli occhi col naso e poi la bocca! cotto e mangiato!
PS: con la salsa di brumale si possono guarnire anche delle ottime bruschette calde!
Il tartufo Estivo o Scorzone in Lombardia può essere raccolto dal 1° giugno al 30 novembre in tutto il territorio regionale, ad eccezione di alcune province:
- Provincia di Pavia: dal 1° giugno al 30 agosto e dal 15 settembre al 30 novembre
- Province di Bergamo, Como, Lecco, Monza Brianza, Sondrio e Varese: dal 15 luglio al 30 novembre
La vegetazione normalmente associata a questo tartufo è diversa a seconda dei caratteri climatici della zona. Nelle nostre zone entra in simbiosi di preferenza con farnia, rovere, faggio, carpino bianco e nocciolo.
Pur prediligendo suoli ricchi di granulazioni fini e grossolane, si sviluppa in una grande varietà di terreni calcarei, drenati e ciottolosi d’origini geologiche diverse con pH 7-8, in boschi di latifoglie e misti, e in rimboscamenti con conifere, ma anche sotto piante isolate, senza prediligere alcun’esposizione. Fruttifica anche in superficie. Solitario o gregario.
Lo Scorzone può svilupparsi in mezzo alle pietre, fra gli interstizi della roccia o nelle conche, ove si è anche accumulato molto humus proveniente dalla decomposizione delle foglie. Rifugge dai terreni fradici preferendo quelli in cui l’umidità non sia prolungata e che si riasciughino prontamente. “Brucia” completamente lo strato erbaceo ed i suoi “pianelli” si manifestano in maniera molto netta intorno la pianta ospite. Si sviluppa e fruttifica per quasi tutto l’anno, infatti il suo micelio genera più fruttificazioni successive.
Forma gli abbozzi dei carpofori a metà febbraio e già a fine aprile, si notano alla superficie del suolo delle screpolature ove emergono i primi tartufi; sollevando i ciuffi secchi di erba si scoprono dei veri e propri nidi di tartufi. Questa prima produzione di maggio-giugno, da cui l’appellativo di “maggengo”, fornisce dei tartufi poco profumati che si degradano facilmente e non sono mai completamente maturi. Il grosso della fruttificazione con carpofori dalle buone caratteristiche organolettiche si ha da agosto a settembre, a condizione tuttavia che vi sia stata qualche precipitazione estiva, altrimenti in luglio la crescita si arresta e i tartufi ancora presenti in terra si seccano o muoiono rapidamente.
Un sistema efficace per trovare il “diamante nero”, è quello di cercare la mosca dei tartufi, il cui nome scientifico è Helomyza o Suilla gigantea. Lunga circa un centimetro, rosso bronzo, dalle ali metallizzate, essa ha un odorato così sviluppato, da individuare un tartufo delle dimensioni di un pisello, ed intorno al tartufo depone le uova, affinché le larve possano cibarsene.
A differenza della maggior parte dei suoi cugini illustri, lo scorzone non è famoso per essere abbondante in alcuni luoghi specifici (si pensi al nero di Norcia o al tartufo bianco d’Alba), ma è distribuito in maniera più uniforme in gran parte del territorio italiano. Dal Piemonte all’Umbria, dal Trentino alla Basilicata passando per tutto il versante appenninico lo scorzone è ampiamente presente in quasi tutte le regioni finanche alle altre nazioni europee che si affacciano sul Mediterraneo. Questa sua ampia presenza è il fattore che permette a questo tartufo di poter essere acquistato a così buon mercato.
Si trova a quote variabili dal livello del mare fino a 1400-1600 m.
Ogni Regione emette la Carta delle vocazioni e potenzialità tartufigene dove vengono delimitate le zone geografiche, individuati i territori vocati, localizzate le aree di particolare valore scientifico nelle quali può essere vietata la raccolta e identificate le altre aree di elevata vocazione ove realizzare prioritariamente gli interventi di recupero e di miglioramento ambientale.
Le zone del mantovano più vocate sono quelle dell’Alto mantovano, come Monzambano o Cavriana.
Nella foto potete vedere l’interno di un tartufo scorzone ad un ottimo grado di maturazione; se il tartufo è troppo bianco all’interno viene chiamato “Fiorone”, significa che è immaturo e di certo non ci delizierà in cucina.
Nel caso in cui, al contrario, il tartufo risulti in stato di marcescenza, oppure gommoso, con caratteristiche organolettiche evidentemente non più idonee al consumo, il consiglio è quello di rimetterlo dove lo si è trovato, in modo che le spore possano migliorare la produttività nel futuro.
1) solo per tartufai abilitati
Il primo passo da compiere per divenire tartufaio è acquisire “l’abilitazione alla raccolta”, che si consegue sostenendo un esame presso l’U.T.R. (Ufficio Territoriale regionale). Superato l’esame, dopo il pagamento di una tassa di concessione, bisognerà richiedere l’apposito tesserino, che sarà valido sull’intero territorio nazionale.
2) i ferri del mestiere
Due sono gli elementi imprescindibili che fanno parte della strumentazione del tartufaio:
Il cane da tartufi: un cane appositamente addestrato che localizza e segnala i tartufi pienamente maturi. In Lombardia si possono utilizzare fino a due cani contemporaneamente, ma in altre regioni (per motivi di tutela faunistica e di concomitanza con attività di caccia) si può utilizzare un solo cane. Ricordatevi che un cane non può lavorare per troppe ore di seguito.
Il vanghetto: apposito strumento che serve a raccogliere i tartufi, che può essere di forme e materiali diversi, a patto che la sua larghezza alla punta non superi i 4,5 cm in Lombardia. In Italia questo valore varia da un minimo di 3 cm ad un massimo di 8 cm. Questa regola ha lo scopo di limitare al massimo le dimensioni delle buche praticate per estrarre i tartufi, per evitare il più possibile danni alle radici delle piante con cui essi crescono in simbiosi.
3) regole e divieti
La raccolta dei tartufi in Italia è regolata da tutta una serie di normative e divieti.
Secondo la legge quadro nazionale, la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati, e i proprietari di aree produttive possono riservarsi la possibilità di raccolta del tartufo attraverso l’acquisizione di un particolare riconoscimento di tartufaia controllata.
Non bisogna dimenticare due cose importanti:
È fatto obbligo di riempire con il terriccio asportato le buche create dall’estrazione dei tartufi.
È fondamentale che i Tartufai abbiano consapevolezza del delicatissimo equilibrio che è alla base del ciclo vitale del tartufo. La raccolta dei tartufi va praticata correttamente, in modo da non mettere a rischio la conservazione di questo patrimonio naturale unico al mondo.
La pulizia del tartufo nero estivo è molto simile a quella del tartufo nero pregiato; va pulito solamente prima del suo utilizzo e, nonostante sia un tartufo particolarmente resistente, è necessario fare comunque molta attenzione durante la pulizia delle verruche piramidali che possono essere particolarmente insidiose.
Se la prima pulizia dello scorzone estivo avviene solo per la sua conservazione, è meglio evitare di lavarlo sotto il getto d’acqua, poiché potrebbe assorbire troppa umidità e quindi deperire più velocemente. Per conservare il tartufo nero estivo la procedura è identica a quella degli altri tartufi; va asciugato bene, avvolto nella carta assorbente e chiuso all’interno di un contenitore asciutto e sterile. Va posizionato accuratamente in frigorifero ed è bene controllarlo ogni giorno, cambiando la carta assorbente qualora presentasse degli accumuli di umidità.
Se ben conservato, il tartufo nero estivo può durare anche più di una settimana, difficilmente sopra i 10 giorni, ma è comunque buona norma consumarlo subito o entro 3-4 giorni dall’inizio della sua conservazione, specialmente se non si conosce la data d’estrazione dell’esemplare acquistato. E come gli altri tartufi, anche lo scorzone non andrebbe congelato se non in caso di estrema necessità, perché perderebbe inevitabilmente la maggior parte dei suoi aromi.
Il tartufo nero estivo, chiamato anche scorzone per via del suo aspetto coriaceo e bitorzoluto, con la presenza delle tipiche verruche piramidali, è un tartufo molto famoso nell’universo dei Tuber perché è l'unico, tra le specie di tartufo commestibili, a maturare ed essere raccolto durante tutta l'estate. Una corsa in solitaria, quindi, quella dello scorzone, che vince non solo per posizione ma anche per il suo sapore apprezzabile e per il prezzo contenuto.
Ma come si può usare in cucina lo scorzone? Il tartufo nero estivo, dopo un adeguato trattamento, può essere utilizzato in modo simile al tartufo nero pregiato, cioè parzialmente o interamente in cottura, ed è per questo che è spesso utilizzato per sughi, salse e altre pietanze; senza cuocerlo troppo a lungo o con una temperatura troppo alta, ovviamente, altrimenti rischia di perdere parte del suo inconfondibile sapore di bosco, che può sviluppare piacevoli note di funghi e nocciole.
Non può chiaramente competere con il sapore armonioso del tartufo bianco pregiato, ma questo scorzone estivo è davvero un tartufo formidabile, considerato il prezzo ridotto, e possiede molte caratteristiche largamente apprezzate:
Tagliatelle al tartufo estivo
Ingredienti per 4 persone
120 gr tartufo nero estivo
600 gr tagliatelle all'uovo
1 spicchio d'aglio
q.b. sale
q.b. olio extra vergine di oliva
Procedimento
Mettere a bollire abbondante acqua salata.
Pulire il tartufo e tagliarlo con l'apposito affetta tartufi.
Mettere in una padella lo spicchio d'aglio in camicia e l'olio extra vergine di oliva (considerandone almeno 2 cucchiai per commensale).
Lasciar soffriggere a fuoco basso.
Eliminare l'aglio prima che prenda colore e aggiungere il tartufo.
Mescolare, regolare di sale e lasciare insaporire per qualche secondo.
Cuocere le tagliatelle e scolarle al dente, conservando un mestolo di acqua di cottura.
Versare le tagliatelle nella padella insieme alla salsa di olio e tartufo, aggiungendo l'acqua di cottura.
Saltare per qualche secondo e servire.
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